GIACINTO PLESCIA LA STORIA DELL'ONTOPOLOGIA


È La storia dell'ontopologia dell’Eventux. L’Evento dell’Essere«è del nulla?»Abdux ontologico Dell’Essere ontostoria dell’Essere. EsserEvEnt’Essere dell’Essere là Oltre la "gravità MÈTAfisicA-del-tramonto-tramonto-della-metafisica"essente""Essere in sé’’ L’eveNtö. EveNtö Che supera la metafisica.


L’EveNtöntostoria dell’essere poetante pensantE’eventualità«oltre»La metafisica È ontoRadüra interevento

"gettatezza"vi è’in«s黫nulla»im-pensato.

L’EveNtöntophysix è al di là della«metafisica». Crea ontostoria dell’Essere l’EsserEveNtöntostoria nella storia dell’Essere

dell’ontostoria dell’Essere d’EveNtö.

L’’ EveNtö è

esserEveNtöntostoria al di là della metafisica. I «Quaderni DI

Heidegger». Über-legungen An-merkun-gen rap-so-dikx Vigiliae Notturno Winke (Cenni)Vorläufiges (Provvisorio) Megiston

Grundworte (Parole fondamentali)è già là l’EveNtöntostoria dell’Essere già’abissalEveNtö della storia dell’EvENtö

EVENtö–Story dei quaderni di Heidegger.

I Quaderni Di Heidegger ontopologia in sé«è EVENtö» D’EVENtöntotempora MetaEVENtö è EVENtöStòry È in Sé dà EVENtöntostoria là È già là.

È già EVENtöntotempora là ultimoEVENTö è già d’"intereventux"D’eventontotempora È EVENtö interEVENTö È"EsserEVENTöntotempora in «sé»già là EsserEVENTöntotempora oltre

la metafiSica’’. «EVENTö–dell’essere»là ultimità EsserEVENTöntotemporapsodyx È Al di là Del "soggetto" metafisico’ultimo l’arché È da EsserEVENTöntotempora EVENTöntopologia

di Heidegger nei Quaderni già da EsserEVENTöntempora là è EsserEVENTöntemporA già da temporapsodyx Anziché il nulla della metafisica–verità della filosofia" Al di là della Ragione"MetafiSicA’ in sé della filosofia. L’"EVENTö"in Sé l’"è là" È Là L’EVENTö già RaduRità

È EVENTöntemprA per la verità ontostorica EVENTöntoverità«in sé"già a fine tempOra"

La Radurapsodyx«EVENTö»»»»»»»»del

nulla è««««««L’EVENTö sEnza perché Null’è»»»»»

che si sottrae in sé è l’È

L’EVENTö spazioNtotempora "È l’EVENTö"nell'ontostoria senzaPerché la radura""»nulla si fonda Raduranziché:rapsodikx anziché Già"È’Evento Già Là"L’ è senzaperché nell’’essereventux"paradox’EVENTö" fenoumenL’EVENTö senzaPerché KataL’EVENTöNtopologic’’EVENTöntostoria.

MetaL’EVENTöntostoria eventuxremotontostoria in sé crea là senzaPerché là oltre La mEtafisica. L’EVENTö d’essere nella ontostoria del

mondO interL’EVENTö seNzaperché’ultimo già ontostoria dell’«’L’EVENTö». Inter’evento d’Essersi già «’L’EVENTö» di esserci»Kat’«’EVENTö» Kata«’EVENTö»»c’è là Kata’EVENTö È Kata’EVENTöntoStorico di essern’EVENTö al di là dellla metafisicA paradigm’EVENTö"rapsody. Katarapsodyx giacché già essere rapsodyx ontotemporapsodyx Metarapsody ontostoria Katarapsody oltre la metafisica è «ontotempoRaPSodyx Katarapsodyx senzaperché«Meta’EVENTö»«L’ EVENTö è c’è senzaperché c’è Kata’EVENTö»’ultimo«’EVENTö». Al di Là «Crea»C’è ontopologia già per nulla senzaperché l’esser’EVENTö«rapsodia risonanza»oltre la metafisica o della metafisica





della ragione pura ontoteologia’Aldilà della metafisica della Ragione della storia Fenoumenologica.





D’’EVENTö la Fenoumenologia è ontostoria dello Spaziontotempora esser’EVENTö in sé per sé da sé al di là di sé in sé dell’essere Al di Là nell’’EVENTö senzaperché ontotempora sublim’EVENTö della ontostoria





dell’esser’EVENTö«senzaPercHé». Perché d’essere ontotempora Già’ "EVENTö" in sé vi è da sé già "EVENTö"«senzaperché» In sé È fenoumenontostorica dell’essere da sé Dà "EVENTöntostoria». È in Sé esserci d’"EVENTö"FenoumenaKata"EVENTö" nullità è già È dà ontopologicità





nulla È in sé"essere-in-sé-"EVENTö"essere-nulla»Kata"EVENTö"»«spaziontotempora vuoto». Vuoto"EVENTö"È esserci-vuoto spaziontotempora vuotonulla





nulla in sé dà spaziontotempora poiesix sublim"EVENTöntostoria«È in sé»dà da sé«sublim"EVENTö"»oltre la«metafisica»«senzapercHé»Dà essercì "EVENTöntopologia della ontostoria dell’essere.





Perché l’essere’è "EVENTöntologia l’esserne è sublim"EVENTö" ontoevento dell’Essere Già esserne in sé spaziontotempora distruzione della ragione metafisicA Kata"EVENTö" Meta"EVENTö"’inter"EVENTö"al di là della "Metafisica"





Al di là è l'"EVENTö"che dà spazioNtotemporA Nulla"Nulla senzaperché già ontostoria oLtre la metafisica nihil"EVENTö" dopo la morte di Dio–





«Dio è morto…o ucciso» –ucciso o creato. È ontoStoria sublime dell’«"EVENTö"» È Meta"EVENTö"creator"EVENTö"





"""è creatric"EVENTö"anziché NullA"NiHil"EVENTö"senzaperché ontostoria. Crea NIhil’"EVENTö"Al di là della ragione "EVENTö"d’essere In sé già pensant«"EVENTö"»





d’"EVENTö"è già in sé’eccedenza esser"EVENTö""che dà"ontostoria"seNzaPerché è in sé««eventità»»: –c’è eventoRadurapsody«"EVENTö"»»»»nella ontostoria senzaPerché ontotempoRaduRa È senzaPerChé è fenoumenà«"EVENTö"»»»oltre«la»fenoumETafisica». L’"EVENTö"gettanza»»Meta"EVENTö" Là nella ontostoria dell’"EVENTö"spaziontoteMpora già Radurapsodyx già in sé È già"EVENTö"Creativontotempora Kata"EVENTö"esservi d’"EVENTö"della ontostoria dell’"EVENTö"tranxsonanza della ontostoria dell’essere l’esser"EVENTö" dell’essere Già di per sé nella ontostoria dell’"EVENTöntotempora ontopologicontotempora-essere dell’"EVENTöntostorico Meta"EVENTö" senzaperCHé’ultim"EVENTö"Perché L’’essere è"EVENTö"Dea senza«Perché della creatività In sé È là–«in sé».





Là creatività È "EVENTö"–crear"EVENTö"è perché senzaperché’al di là Nulla Radura nella ontostoria È Da ultim"EVENTö"essere L’"EVENTö"meta"EVENTö"Già«Dà crea»spazial"EVENTö"spaziontotempora RaduRa oltre la metafisica È già "EVENTö"dell’Essere dell’Esserne è ontostoria dell’EssereDall’eventontotempora è’"EVENTöntologia Essereontotempora’esserci





pensiero dell’esserevento«si dà». L’Essere è Kata"EVENTö"





È Dasein l’esserci EssereontoTempora l’esserci è l’"EVENTö"dell’esserci "EVENTö" dell’esserci essere





dell’essere-per-la-fine? Dell’esserci?





Dell’esserci gettanza? È’esserci ontostoricità ontostoria dell’Essere ontostoria dell’Essernè La storia dell’Essere è l’evento dell’Essere che si dà ontostoria dell’esser"EVENTöntologia è la





fondazione’ontologica è la distruzione della metafisica.





L’"EVENTö" 





dell’Essere dell’Esserne la catastrofe della metafisica’oblio dell’Essere lì l’Essere si ritrae è nihilx della fine ultima della metafisica. È "EVENTö"dell’Essere è «nulla–dell’Essere»lì inter"EVENTö"Dall’evento Crea Lì aleggia Lì oltre la metafisicaonteologica.





Già "EVENTöntotemporapSodyx C’è è C’è senzaperché al di là è "EVENTö"dell’essereLì al di là Lì In Sé Radurapsodìx Là è "EVENTöntopologico dell’essere là oltre la metafisicà è già C’è Rapsodyx È già"là" creatric"EVENTö"Lì della radurità senza–perché In sé "EVENTö"dell’essere dall’esserne è destinaza"Rapsodyx"«là» È nel vuoto lì Al di là della metafisica mondana. ONtoSToRiA là dell’Essere già in "EVENTöntotEmpora Crea l’esser"EVENTö" è oltre la metafisica ’essercilà oltre l’ente l’esserci è senzaperché "EVENTö"dell’essere oltre la metafisica filosofica da Platone a





Nietzsche è metafisica"oltre"è l’esser"EVENTöntologicontostoria dell’Essere





è oltre la storia della metafisica.





Nell’esserne "EVENTöntologico dell’Essere’abissal"EVENTöntotempora ontopologicontostoria





dell’Essere è già’Essere dal nulla già in sé. La metafisica è





la razionalità vuota del pensiero calcolante è la metafisica quel pensiero





calcolante lì vi si è





insediata





metafisica ultimità dell’ente. L’abissal"EVENTö"dell’’Essere È ontostoria dell’Essere Rapsodyx senzaperché dal nulla l’Esser"EVENTö"»dell’Essere radurabissal"EVENTö"dall’Esser"EVENTö"della physix dall’Essere ontostoria che mondeggia ontostoria dell’Esser"EVENTö"





della ontostoria dell’Essere Già la





fine della metafisica.





L’"EVENTö"ontostoria mondeggia abissal"EVENTö" nel nulla del nihilx dell’Essere là’esserci È iN sé ontostoria dell’esser"EVENTö" l’oltremetafisica Senzaperché della ontostoria che mondeggia ontotempora–metastabilità dell’Essere





lì c’è spaziontopolOgia ontostoricità dell’esser"EVENTö"dell’essere Katà"EVENTö"Già esserci ontostoria dell’essere già "EVENTö"dall’Essere ontostoricità è l’Esserne della ontostoria dell’Essere Là ontologica è l’Esserci dello spaziontotempora dell’Essere In sé è l’EssernE paradigma dell’esser"EVENTö""c’è nulla





senzaPerché ««Già dell’Essere già"EVENTö"». Già ontostoria-ontologica della RadurApsody––è esserci L’ontostoricoNtOtempora pensa l’Essere al di là quale ontostorico "EVENTö" senzaPErCHé già ontomodern-dell’essere già L’"EVENTö"della creatività In"Sé»»eventontosofiax senzaperché"Nullaratiousiax già dall’"EVENTö"»là ontotempora dell’essere––là pensant"EVENTö" dall’esserne»abissal"EVENTö"dell’esserci’"EVENTö"dell’essere–«vuoto in Sé»tramonto della metafisica. Meta"EVENTö"Perché«pensiero»tramonto dalla metafisica È pensiero dall’esser"EVENTö"«pensierontotempora» Senzaperché è l’’«essereontostorico»là: è là RadurApsodyx spaziontoteporadell’essere––– «ontostorico»già"Essere"nihilx Radurapsodyx dell’essere già«là»l’evento d’exstasyx





Al di là





L’"È"–EreigniStory tramontanza-della-metafisica È eventramontanza della metafisica’ultima. Già Esserontotempora del tramonto metafisico È’esserci già "EVENTö"dell’essereventramontanza della metafisica-ontoteologiCa–già«al di là»della«metafisica» crea dal





nulla«rapsodyx» È senzaperché là già aleggia radura dell’essere dal nulla dell’esser"EVENTöntoTempora "EVENTraMontanza della metafisica vi è sènzaperché dal nulla TraMontanza dellla metafisica è phýsix"EVENTraMontanza poíesix"EVENTraMontanza nel «pensiero della creazione». L’"EVENTraMontanza crea crea-"EVENTraMontanza della metafisica crea il crear’Esser"EVENTraMontanza della Metafisica ontophýsix è "EVENTraMontanza della metafisica Esser"EVENTraMontanza Della metafisica si dà dal nulla è senzaperché là è senza fondamento senzaperché





l’Esser"EVENTraMontanza della Metafisica è "EVENTraMontanza della metafisica della





makinaouxiax è ontostoria ""EVENTO"dell’Essere–– è L’""EVENTO"dell’Essere È là vuoto senzaperché ""EVENTOntologicontostoria dell’Essere già è «già abissaL""EVENTO"creativo dell’Essere senzaPerché "EVENTO"dell’Essere«là»ontostorico l’evento dell’al di là«è in sé»là è abissal"EVENTO"vuotonullo spaziontotempora dell’essere là già È si dà senzaPerché dall’evento dell’Essere RadUrapsoDyx È Radura già Là Radurapsodia dell’essere’ontoStoria"Senzaperché tramontanza della metafisica del nulla. Là è nulla«Dall’"EVENTO"Là dall’’esser"EVENTO"della ontostoria al di là della Metafisica" già Là’Essere Oltresser"EVENTO"–senzaperché già Senza la verità–MeTafiSica crea«ontostoria–dal nulla senzaPerché RadURa dell’Esser"EVENTramOntanza della metafisica». Radura pensare che per Heidegger il razzismo





sia metafisico? E che sia questo il motivo per prendere





distanza dal principio della "razza"?





Tutt’altro che assente, la parola Rasse comincia ad





affiorare nell’opera di Heidegger a partire dal 1933 e





diventa più frequente nella seconda metà degli anni





la questione dell’essere e la questione ebraica 135





trenta.195 Il che non deve stupire. È quanto avviene in





genere nei testi degli autori coevi, da Jünger a Schmitt.





Al cauto silenzio fa seguito una presa di posizione su una





parola chiave della lingua del Terzo Reich.





Nell’atteggiamento che Heidegger assume verso il





tema della razza si riflette, e si chiarisce, quello verso il





nazionalsocialismo. La riflessione critica sulla riduzione





biologica del concetto, l’interrogativo sull’etimologia del





termine e il rinvio a un significato più ampio non devono





indurre a credere che Heidegger respinga il concetto,





espunga la parola. Tacciare il razzismo di metafisica non





vuol dire in nessun modo escludere l’idea di una divisione





gerarchica dell’umanità dove sono alcuni popoli, e non





altri, ad avere spazio nella storia del mondo.196





La parola "razza" compare nelle pagine di Heidegger





quasi sempre tra virgolette. Si tratta di quelle virgolette il





cui uso ambivalente viene sottolineato da Derrida per l’analogo





caso di Geist, "spirito". È un modo di assumere la





parola senza assumerla, di renderla tuttavia accettabile.





«La catarsi delle virgolette la libera dalle sue impronte





volgari».197 Se la parola compare senza la sorveglianza





delle virgolette è per essere riguardata con sospetto.





Certo non è difficile immaginare che Heidegger sia





ben distante dal razzismo di matrice biologica, non solo e





non tanto per le pretese scientiste o per il primato attribuito





alla corporeità. Piuttosto il motivo è che il biologismo





non è che uno degli esiti della metafisica. «Ogni pensiero





sulla razza è moderno, si muove sulla scia della





concezione dell’uomo come soggetto».198 Più volte Heidegger





ribadisce che razza e soggettività sono strettamente





connesse. E rinvia per questo nesso a Jünger.





«"Razza" è un concetto di potere – presuppone soggettività,





cfr. su ciò Ernst Jünger».199 Ma in che senso il pensiero





della razza deriva dalla concezione del soggetto e





soprattutto dal potere, o meglio, dalla potenza e dalla





volontà di potenza?





136 capitolo terzo





Si deve presumere che ad aprirgli la via non sia solo





Nietzsche, il cui «pensiero delle razze non ha un senso





biologistico, ma metafisico».200 Aufzucht è un termine,





già usato da Nietzsche, e poi passato nel gergo nazista,





che Heidegger non si fa scrupolo di usare, anche se in





senso spregiativo; vuol dire "allevamento", ma anche,





con il valore più ristretto di Zucht, "disciplina". L’etimologia





di Rasse, per quanto oscura, risale al francese antico





haraz che, a sua volta di derivazione scandinava, significa





"allevamento di cavalli". L’omogeneità non è data ereditariamente,





ma è cercata, voluta, attraverso il calcolo.





Solo un soggetto moderno, che si pretende sovrano,





può giungere, in quel processo manipolativo di autoaffermazione,





fino al punto di pensare la razza, l’idea cioè di





allevare essere umani per farne un gruppo omogeneo. In





tal senso la cura della razza è una misura estrema e parossistica





a cui spinge la modernità.





Si esaurisce però qui la critica di Heidegger che, pur





condannando biologismo, darwinismo e metafisica soggiacente,





quella della volontà di potenza, non mette davvero





in discussione la "razza", non dice che è un’invenzione,





né tanto meno avverte che gli esseri umani non





sono animali e non sono distinguibili in specie. Proprio la





distinzione sembra, malgrado tutto, essersi conservata





nel suo modo di pensare. Di qui il passaggio da razza a





rango per giustificare una distinzione che non si riduca





alla mera carnalità. La distinzione di «rango», indicata





dall’aggettivo rassig, diverso da rassisch, non è voluta,





attraverso cioè una manipolazione biologica, ma si dà,





accade, avviene, come un evento.





"Razza" non indica solo il tratto razziale [Rassisches] come ciò che è





legato al sangue, nel senso dell’eredità, del legame ereditato con il





sangue e dell’istinto vitale, ma spesso indica parimente anche il





tratto di razza [das Rassige]. Qualcosa infatti è di razza indipendentemente





dalla carne, come quando, per esempio, diciamo (almeno i





giovani dicono) che "un’auto è di razza". Il tratto di razza [das Rass -





la questione dell’essere e la questione ebraica 137





ige] realizza un determinato rango, dà determinate leggi, non





riguarda in prima linea la carnalità della famiglia e delle schiatte. Il





tratto razziale [Rassisch] non ha originariamente alcun bisogno di





essere di razza [rassig], può anche non essere di razza.201





Razza e rango non si identificano. Ciò che è di razza





non è necessariamente di rango. Ma nel far valere il





«rango», Rang, Heidegger non contesta il «primato», il





Vorrang, quell’idea che il pensiero della razza porta con sé





senza chiarirlo.202 Se si guarda all’etimologia, Rang, a sua





volta derivante dall’antico francese renc o rang, significa





cerchio, adunanza, indica il disporsi all’interno di un circolo.





Non si può dire che questa figura, che evoca un





tetro assemblarsi di cavalieri medievali, non comporti





l’allineamento, l’ordine, sebbene in relazione al grado e al





valore, che non preveda, dunque, una selezione. D’altronde,





che rassig fosse usato in tal senso, è testimoniato





dal racconto di Klemperer.





Frieda identificava l’essere tedesco con il concetto magico di ariano;





le appariva quasi inconcepibile che una tedesca fosse sposata con me,





lo straniero, la creatura di un’altra sezione del regno animale; troppo





spesso aveva udito e ripetuto parole come artfremd [estraneo alla specie],





deutschblütig [di sangue tedesco], niederrassig [di razza inferiore]





Rassenschande [profanazione della razza] e nordisch [nordico]. Anche





se tutto questo in lei non si condensava in un concetto ben chiaro.203





Nell’Introduzione alla metafisica Heidegger stigmatizza





infatti l’egualitarismo, il «predominio di una mediocrità





dell’indifferente», del Gleichgültiges, che «attacca ogni





rango [Rang], ogni spiritualità che abbia alito universale»





e la fa passare «per menzogna». «Si tratta dell’invadenza





di ciò che chiamiamo il demoniaco (nel senso del malvagio





distruggitore)».204 Nei Quaderni neri, riprendendo questo





tema, scrive: «animi afflitti parlano di "anticristo"; se





venisse, non sarebbe che un inoffensivo fanciullo rispetto





a quel che accade e che già ha trovato il suo esecutore».205





Alla denuncia della mediocrità ugualitaria si accompagna





la condanna del «mescolamento», della Vermi-





138 capitolo terzo





schung.206 La distanza critica dall’idea biologica della





«razza» non gli vieta di restare fedele al rango, di attenersi





al primato di una Denkart, di un modo di pensare, e





di una Art, di una specie, quella di una «aristocrazia dell’esserci





» (Adel des Daseins).207 Come il popolo non si





riduce al corpo del popolo, ai legami di carne e sangue,





così l’esserci non si limita alla «gettatezza», alla Geworfenheit.





Heidegger si richiama esplicitamente a Essere e





tempo per mettere in chiaro che «razza» è una «condizione





dell’esserci storico» che non può tuttavia assurgere





a «incondizionato».208 Si dimentica altrimenti che l’esserci,





se è gettato nella sua fatticità storica, è pur sempre





libero, è progetto gettato, Entwurf.





Se il sangue non può essere condizione sufficiente, né





tanto meno divenire l’incondizionato, è però «condizione





». Così Heidegger, già nell’inverno del 1933-34,





può dire: «sangue e suolo [Blut und Boden] sono potenti e





necessari, ma non sono la condizione sufficiente per l’esserci





di un popolo».209 E qualche mese più tardi aggiunge:





Anche il sangue e il lignaggio possono infatti determinare nell’essenza





l’uomo, solo se sono determinati da tonalità emotive, mai per





sé soli. La voce del sangue [Stimme des Blutes] proviene dalla tonalità





emotiva [Grundstimmung] che fonda l’uomo.210





Il «torbido biologismo», che Heidegger rimprovera al





«nazionalsocialismo volgare», quello di cronisti e opinionisti





che non lesinano «uno stupido richiamo al Mein





Kampf di Hitler» è una sorta di «materialismo etico».211





Sta però solo qui il limite dei dottrinari del Reich e del





loro Übermensch, del loro «superuomo»; rispondono





all’ebraismo sullo stesso piano, e dunque in una vana rincorsa.





212 Per il resto, Heidegger ne condivide più di un





mito spostando l’argomento sul piano ontologico. Il che





non vuol dire ridimensionare la «questione», ma al contrario





approfondirla e aggravarla.





la questione dell’essere e la questione ebraica 139





15. Metafisica del sangue





Chi è ebreo? Come definire l’ebreo? La sua "essenza"





non rischia di eccedere ogni definizione? L’accerchiamento,





anche quello concettuale, non riesce a tracciare





limiti precisi.





È questo il problema che nello stato nazista viene affidato





alla burocrazia, quel potere oscuro degli uffici, che





non per caso sarebbe stato direttamente responsabile dello





sterminio. Nell’ostacolo della definizione si erano già





scontrati i propagandisti di fine ottocento, da Marr fino a





Dühring e a Fritsch i quali, malgrado tutto, non giunsero





mai a identificare l’"ebreo", l’oggetto della loro ossessione,





pur lanciando moniti e anatemi contro il pericolo





rappresentato dal "sangue ebraico". Il male – dicevano – è





nella razza.213 Ma come definire la razza? Non è forse un





«arcano» – come ammette qualche anno dopo Schmitt?214





Il problema, complicato dall’esistenza del Mischling, il





sangue-misto, il mezzo-ebreo che, non solo imbastardisce,





rende impuro il "sangue ariano", ma impedisce di





erigere barriere efficaci a protezione del "corpo tedesco",





diventa urgente quando si passa alle misure antiebraiche





e ai provvedimenti di esclusione. I documenti parlano di





un disaccordo fra i legislatori nazisti sulle nozioni di razza





e di allogeneità. E mentre si fa strada la concezione essenzialistica,





sostenuta dagli antisemiti radicali della nsdap,





per cui basterebbe una goccia di sangue ebraico per fare





di un tedesco un bastardo, il confine si sposta sempre più





fino a comprendere anche i mezzo-ebrei. Ma nonostante





tutta la retorica, la legislazione nazista non giunge a una





definizione biologico-razziale di "ebreo". Le leggi di





Norimberga per «la protezione del sangue tedesco»





restano incomplete. Il che crea imbarazzo fra gli scienziati





della razza e gli eugenisti, da Eugen Fischer a Ottmar





von Verschuer che, pur lodando opportunistica-





140 capitolo terzo





mente la legislazione, sono consapevoli di non fornire





alcuno strumento per classificare i cittadini ebrei, dato





che non esiste alcuna "razza ebraica".





Il paradosso è questo: da una parte si dice che può





appartenere al popolo tedesco, ed essere concittadino, solo





chi ha sangue tedesco, senza considerare la confessione





religiosa – per cui un ebreo, convertito al cristianesimo,





resta ebreo e non può appartenere al popolo tedesco; dall’altra





parte si dice che «non-ariani» sono le persone che





discendono da ebrei, dove con «ebrei» si devono intendere





coloro che appartengono alla religione ebraica.215 Al





contrario di quel che si crede, le leggi di Norimberga non





sono basate su criteri "scientifici" e, solo per fini propagandistici,





sono state dette "leggi razziali", dato che le fantasie





razziste non hanno mai trovato riscontro empirico e





hanno dovuto perciò far ricorso alla teologia.





D’altronde, in che cosa il sangue ebraico dovrebbe





essere diverso dal sangue tedesco? E soprattutto: perché





mai il sangue dovrebbe stabilire l’identità? La domanda è





filosofica.





Si può mutare modo di vestire e usanze, si può acquisire





una cultura diversa, imparare un’altra lingua, si può





perfino cambiare fede – ma il sangue resta. È l’essenza in





cui si cela l’identità. Nell’ossessione di definire l’Ebreo,





come se fosse data un’essenza ebraica immutabile – si





cerca di trovare risposta in quell’elemento, interno e interiore,





che non può venire esteriormente dissimulato, né





contraffatto.





L’acqua non può lavare il sangue – neppure quella della





fonte battesimale. Maestri nel mimetizzarsi, nel mentire,





nel fingere di essere quello che non sono, abili nel rendersi





simili, velando e occultando la propria identità, gli ebrei





non possono sfuggire al sangue e alla prova del sangue.





Così la Spagna, dopo i battesimi forzati, aveva dovuto





chiudere le porte della fratellanza universale, con la Sentencia





Estatuto, stipulata a Toledo nel 1449, con cui si





la questione dell’essere e la questione ebraica 141





introduceva la limpieza de sangre per distinguere i cristianos





viejos, "cristiani di pura origine cristiana", dai cristianos





nuevos, quegli ebrei che, pur battezzati, restavano,





per via del sangue, invariabilmente ebrei. Ma il rimprovero





mosso agli ebrei non era forse di non riconoscere in





Gesù il Messia? Se dunque lo riconoscevano, diventando





"credenti in Cristo", non era teologicamente aberrante





discriminarli sulla base del sangue? Non era contrario agli





insegnamenti di quel rabbi di Nazareth, che a sua volta





veniva dal popolo di Israele? Eppure la Spagna, dopo aver





promosso per secoli l’assimilazione degli ebrei, con la persuasione





e, più spesso, con la violenza, alle soglie della





modernità riversò sui conversos il proprio risentimento, la





frustrazione per un’identità che non aveva. Sebbene si





spacciassero per cristiani, quei marrani avevano continuato





a giudaizzare; mentivano, erano voltagabbana, e





soprattutto avevano mantenuto inalterati i tratti ebraici,





l’astuzia, l’avidità, la vendetta. La loro essenza malvagia





si conservava nel sangue a cui nessuna conversione aveva





potuto porre riparo. E il sangue avrebbe rappresentato la





barriera invalicabile per tenere a freno la loro ambizione,





per impedire la loro intrusione. La purezza di sangue,





senza contaminazione ebraica, diventò ben più importante





della purezza di fede. E il criterio per essere veri





spagnoli fu la limpieza de sangre de tiempo inmemorial, la





purezza di sangue da tempo immemorabile.





Non è difficile riconoscere le «affinità fenomenologiche





» che Yerushalmi ha indicato fra la Spagna di allora e





la Germania dell’ottocento e del novecento, che vanno





tuttavia lette sullo sfondo di un continuum storico.216





Analogo è il processo di assimilazione e analoga la reazione





di un antisemitismo che mostra la sua contiguità





con l’antigiudaismo. Questo decisivo nesso storico è realizzato





in entrambi i casi da una teologia politica che mira





a sconfiggere il nemico interno. Ne è un esempio eloquente





l’uso politico della teologia nell’Inquisizione.





142 capitolo terzo





Da questo punto di vista dovrebbe essere indagato,





nella sua inquietante complessità, il fenomeno, finora trascurato,





delle molte conversioni di filosofi e filosofe che





ruotavano intorno a Husserl, lui stesso ebreo convertito,





e si richiamavano alla fenomenologia: da Adolf Reinach a





Max Scheler, da Edith Stein a Hedwig Conrad Martius.





Com’è noto il cammino di Stein, che l’aveva portata nella





clausura di un convento di carmelitane, una piccola gabbia,





nella grande gabbia che era diventata per gli ebrei la





Germania, finì ad Auschwitz, e il suo ultimo viaggio,





come ha scritto Günther Anders, «fu ancora più straziante





di quello degli altri, delle migliaia di esseri umani





con cui si avviò ai forni crematori, perché lei […] interpretò,





seduta fra loro, la parte della suora carmelitana in





una sorta di festa in costume».217





Non c’era posto nel Reich per gli ebrei convertiti che,





pur essendo cristiani, non sarebbero mai divenuti tedeschi.





L’assimilazione appariva provocatoria. Nel far leva





sulla proverbiale abilità "ebraica" di mimetizzarsi, gli





ebrei assimilati erano il nemico invisibile. Erano, anzi,





«uno stato nello stato».218





Il paradigma antisemita, che prevale in tale contesto,





non è quello dell’ebreo chiamato a testimoniare la verità





cristiana, bensì è quello raffigurato da Ester, la regina di





cui la storia del mondo non sa nulla, ma la cui Meghillà è





ben più realistica di molti altri racconti biblici. Il popolo





ebraico è accusato di vivere separato, seguendo proprie





leggi. Si pensa di risolvere la questione annientandolo in





un sol giorno. Ester, un’ebrea assimilata, svela la sua





identità e salva il suo popolo. Riferimento per i marrani,





rappresenta l’estraneità, oscura e infida, ostile e minacciosa,





da cui è lecito difendersi preventivamente annientandola.





A questo paradigma, più decisamente politico,





attingono le moderne teorie del complotto.





Occorre tuttavia sottolineare che, nell’antisemitismo





nazista, anche là dove sembrano prevalere le categorie





la questione dell’essere e la questione ebraica 143





politiche, continuano ad affiorare antichi stereotipi teologici.





A ben guardare si coagula proprio nel sangue





un’accusa secolare che scuote l’ebraismo tedesco.219 Diabolicamente





astuto, abile nel mescolarsi, per ansia di





potere, tra i popoli "civili", il popolo ebraico sarebbe





rimasto crudamente selvaggio. Si spiega così la sete di





sangue cristiano, usato per impastare le azzime durante le





feste pasquali. L’accusa è, dunque, di vampirismo e





«omicidio rituale».220 L’ebreo è il succhiatore di sangue,





il vampiro per eccellenza – e da qui scaturisce il «vampirismo





economico». L’usuraio ebreo succhia il sangue ai





cristiani, così come i rabbini uccidono il bambino per fare





uso rituale del suo sangue.





È stato Heinrich Heine, nel breve racconto Il rabbi di





Bacherach, a descrivere la scena mitologica dell’omicidio





rituale: due cristiani nascondono il cadavere di un bambino





sotto il tavolo degli ebrei, durante la celebrazione di





Pesach, per accusarli di vampirismo; il rabbi se ne accorge





e fugge in salvo con la moglie Sara. Mentre smaschera il





crimine e, a sua volta, denuncia la condizione degli ebrei





miserabili nei ghetti, vampirizzati dai cristiani, Heine





canta il sogno infranto di Sara, alla quale «sembrava che





il Reno mormorasse le melodie della Haggadah».221 Ma





anche Heine deve risvegliarsi, perché il suo disperato tentativo





di essere insieme ebreo e tedesco è condannato al





fallimento. Si converte, per poi tornare all’ebraismo alla





fine della vita, e sceglie l’esilio a Parigi. «La Germania –





scrive Nietzsche – ha prodotto un solo poeta, oltre





Goethe: Heinrich Heine – e per di più ebreo…».222 Heidegger





commenta: «questa parola [Jude, ebreo] getta una





strana luce sul poeta Goethe – Heine, "il" poeta della





Germania».223





Dietro l’accusa del sangue trapela la maledizione del





deicidio, contenuta nel frainteso versetto di Matteo «il





suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli».224 Dopo





essersi macchiati del sangue di Cristo, gli ebrei conti-





144 capitolo terzo





nuano a far scorrere sangue cristiano; ad essere sacrificato





è un Gesù bambino anziché adulto. Popolo carnale,





che non sa leggere il senso spirituale e non sa riconoscere





il messia, pur vedendone ovunque le prove, pensa di





poter accedere alla salvezza e all’aldilà, non con l’acqua





del battesimo, ma attraverso il sangue dell’eucarestia, il





cui rito viene orrendamente dissacrato nell’omicidio





rituale. Così uccidono un cristiano e lo vampirizzano





immaginando di poter conciliare la religione di Mosè con





quella di Gesù, in un mescolamento dove tutto è contaminato,





azzime e ostie, vino e sangue.





Insieme all’idea di un "Cristo ariano", l’ossessione di





un sangue "puro" riemerge nei culti del nazionalsocialismo.





È l’eugenetica a far leva sul concetto di «plasma





degli avi», propagandato dalla fede völkisch, per affermare





i nuovi modelli della biologa razziale, non viceversa.





225 Nel Blutmythos confluisce la transustanziazione:





il corpo eucaristico del popolo è al contempo carne, vulnerabile





e mortale, del guerriero-martire, e sangue, fluido





divino, per origine, che materializza la consustanzialità





tra Dio e il popolo tedesco, il nuovo popolo eletto. Solo se





il sangue resta incontaminato, il Volk può varcare la





soglia dell’eternità ed essere «Volk im Werden», popolo





in divenire. Fra i «cristiani tedeschi», più moderati, e i





Deutschgläubige, i fautori di un neopaganesimo germanico,





sono soprattutto questi ultimi a insistere sulla





purezza del sangue. Scrive Rosenberg: «oggi si ridesta





una nuova fede: la fede del sangue […]; il sangue nordico





rappresenta quel mistero che ha sostituito e superato i





vecchi sacramenti».226 Il popolo è «comunità di vivi e





morti» legati dal sangue che, sempre lo stesso, torna a





scorrere in coloro che vivono e che, perciò, devono dedizione





ai morti. Emblema dell’eterno ritorno dell’uguale,





il sangue che circola non appartiene al singolo, ma solo





alla comunità, in grado di dischiudere il terzo Regno, soggiorno





terreno e ultraterreno del Deutschtum. E il Reich





la questione dell’essere e la questione ebraica 145





può essere «millenario», solo se il deutsches Blut, il sangue





tedesco, si conserva inalterato. Il fine non è la selezione





in vista dell’oltreuomo, ma l’originaria purezza il cui





auspicato ritorno, dal passato mitico, è fonte di eternità.





Di questo ritorno è simbolo la croce uncinata, la svastica





di salvezza, rovesciata intorno al suo asse di rotazione per





indicare la rigenerazione incessante di una razza votata





all’immortalità.





La Germania, ariana e endogama, si assicura una





discendenza da se stessa facendo indietreggiare, con le





«nozze del cadavere», la frontiera tra la vita e la morte,





per non rinunciare a nessuna goccia del suo sangue.227 Al





lutto per i figli non generati durante la guerra si aggiunge





il destino tragico dell’eroe caduto nel freddo nulla dell’inferno





nordico. Che ne è di quei morti il cui sangue bagna





a fiotti la terra nemica, lo spazio vitale dell’est che





avrebbe dovuto essere germanizzato? Le loro anime,





coperte da elmetti di acciaio, si innalzano sulla steppa glaciale





e incitano i loro camerati a proseguire la guerra contro





le orde giudeo-bolsceviche. Così li ritrae l’iconografia





dell’epoca, mentre gridano ovunque: «vi precediamo».





Se a sopravvivere sono i peggiori, quelli inferiori e indegni





di combattere, a cadere sono invece i «migliori», il





sangue più prezioso della Germania, versato per la vittoria





finale. «A noi – scrive Heidegger nel 1941 – non resta





che sacrificare il miglior sangue dei migliori [das beste Blut





der Besten] del nostro popolo».228





16. «Il mio "attacco" a Husserl»





I funerali di Husserl, il fenomenologo ebreo, convertito





al cristianesimo e devoto alla patria tedesca, per la cui





terra la famiglia aveva versato un grande tributo di sangue,





si svolsero a Friburgo il 29 aprile 1938.


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