dell'lA forte è la struttura logica di un algoritmo. Come ho appena osservato, la particolare materializzazione fisica di
un algoritmo è qualcosa di assolutame n te indiffere n te .
L ' algoritmo ha una qualche sorta di << esistenza>> smaterializzata
che è del tutto distinta da una qualsiasi sua realizzazione in
termini fisici. Quanto dobbiamo prendere sul serio questo
tipo di esistenza è una questione su cui tornerò nel prossimo
capitolo. Essa rientra nella questione generale della realtà
platonica degli oggetti matematici astratti. Per il momento
lascerò da parte questo problema generale e mi limiterò a
osservare che i fautori dell ' lA forte sembrano considerare
seriamente la realtà almeno degli algoritmi, nei quali riconoscono
la << sostanza>> dei loro pensieri, dei loro sentimenti , della
loro comprensione , delle loro percezioni coscienti . Searle vede
una notevole ironia nel fatto che il punto di vista dell ' lA forte
sembra spingere i suoi fautori a una forma di dualismo, che è
proprio il punto di vista a cui i Emtori dell ' lA forte vorrebbero
meno essere associati!
Questo dilemma occhieggia dietro le quinte di un argomento
proposto dallo stesso Douglas Hofstadter ( 1 98 1 ) , uno
dei massimi promotori della concezione dell ' lA forte , in un
dialogo intitolato Conversazione col cervello di Einstein. Hofstadter
concepisce un libro, di proporzioni assurdamente mostruose ,
che contenga una descrizione completa del cervello di Albert
Einstein. Qualsiasi domanda si volesse rivolgere a Einstein
trova una risposta, la stessa che avrebbe dato Einstein vivo,
semplicemente sfogliando il libro, e seguendo con cura le istruzioni
dettagliate che esso fornisce. E ovvio che la parola « semplicemente
>> non è tanto esatta, come lo stesso Hofstadter ha
cura di precisare . Ma la sua tesi è che in linea di prin cipio il libro
è del tutto equivalente , nel senso operazionale di un test di
Turing, a una versione ridicolmente rallentata del vero Einstein.
Così , secondo le tesi dell ' lA forte , il libro penserebbe , sentirebbe
, comprenderebbe, sarebbe consapevole , esattamente
come se fosse lo stesso Einstein , ma vivendo forse a un ritmo
mostruosamente rallentato ( cosicché per il l ibro-Einstein il
mondo esterno sembrerebbe svolgersi a un ritmo ridicolmen t e
accelerato) . D i fatto il libro , essendo semplicemente una particolare
materializzazione dell ' algoritmo che costituisce lo
4 '5
<> ) che <> . I O Searle afferma che la distinzione tra
la funzione dei cervelli umani ( che possono avere una mente )
e quella d i computer elettronici (che, secondo la sua tesi, non
possono averla) , in grado gli uni e gli altri di eseguire lo stesso
algoritmo, risiede esclusivamente nella loro struttura materiale.
Searle sostiene, ma per ragioni che non è in grado di
spiegare , che gli oggetti biologici ( cervelli) possono avere
<> e <> , che egli considera i caratteri
definitori dell ' attività mentale, mentre quelli elettronici non
possono averne. Non mi pare che questo fatto indichi di per sé
la via di una teoria scientifica utile della mente . Che cosa c ' è di
così speciale nei sistemi biologici, a parte forse il modo « storiCO>>
in cui si sono evoluti (e il fatto che tali sistemi siamo noi) ,
p e r farli c o n side rare u n a c ategoria a sé , c o m e gli ogge tti
a cui è permesso di c o n seguire intenzional i tà o seman ti c a?
Quest' affermazione mi sembra molto simile a un' asserzione
dogmatica, forse addirittura non meno dogmatica di certe
asserzioni dell' lA forte , come quella che la semplice esecuzione
di un algoritmo potrebbe evocare uno stato di consapevolezza
coscicn te !
A mio giudizio Searle, e molti al tri, sono stati sviati dagli
informatici, e questi, a loro volta, sono stati sviati dai fisici.
(N o n è del resto colpa dei fisici: neppure loro sanno tutto ! ) Pare
sia diffusa la convinzione che << ogni cosa è un computer digitale
» . E mia intenzione, in questo libro , di cercare di mostrare
perché, e forse come, non sia necessariamente così .
4 7
Hardware e software
Nel gergo dell'infom1atica, si usa il termine hardware per indicare le
strutture fisiche di 1m computer (circuiti stampati, transistor, fili,
memoria magnetica ecc.) , compresa la specificazione completa del
modo in cui tutto è collegato. Corrispondentemente, il termine
software si riferisce ai vari programmi che possono essere fatti
girare nel computer stesso . Fu una delle notevoli scoperte di
Alan Turing che qualsiasi computer il cui hardware abbia
conseguito un certo grado di complicazione e di flessibilità è
equivalente a qualsiasi altra macchina analoga. Questa equivalenza
va intesa nel senso che, per ogni coppia di computer A e
B , ci sarebbe un elemento specifico di software che, se dato al
computer A lo farebbe agire esattamente come se fosse il
computer B; similmente , ci sarebbe un altro elemento di
software che farebbe agire il computer B esattamente come il
computer A. Uso qui la parola <> in riferimento
all ' output reale dei computer per ogni input dato (inserito nel
computer dopo l ' introduzione del software di conversione) e
non al tempo che ogni computer impiegherebbe per produrre
tale input. Sto concedendo inoltre che se l ' uno o l ' altro
computer, in una fase di elaborazione , esaurisce la memoria
per i suoi calcoli, possa far ricorso a una disponibilità esterna
(in linea di principio illimitata) di carta bianca, che potrebbe
assumere la forma di un supporto magnetico , nastri, dischi ,
tamburi e c c . In realtà l a differenza n e l tempo impiegato dai
computer A e B a eseguire un qualche compito potrebbe
essere una cosa da prendere in seria considerazione. A potrebbe
essere , per esempio , oltre mille volte più veloce di B nell' eseguire
un particolare compito . Può accadere anche che, per gli
stessi computer, ci sia un qualche altro compito per il quale B
sia un migliaio di volte più veloce di A. Questi tempi potrebbero
inoltre dipendere in misura grandissima dalle particolari scelte
del software di conversione che viene usato . Questa è in grande
misura una discussione «in linea di principio >> , in cui non ci si
preoccupa realmente di particolari pratici, come per esempio
realizzare i propri calcoli in un tempo ragionevole. Nella prossima
sezione sarò più preciso sui concetti a cui si fa riferimento
qui: i computer A e B sono esempi delle cosiddette macchine di
Turing universali.
In realtà, tutti i moderni computer di uso generale sono
macchine di Turing universali. Tutti i computer di uso generale
sono quindi equivalenti fra loro nel senso citato sopra: che le
48
differenze esistenti fra loro possono essere sussunte per intero
nel software , purché non ci si preoccupi di differenze nella
velocità di operazione risultante e di possibili limitazioni nelle
dimensioni della meinoria. La tecnologia moderna ha permesso
in effetti ai computer di operare così rapidamente e con
memorie così vaste che, per la maggior parte degli scopi <>
, nessuna di queste due considerazioni pratiche rappresenta
realmente un limite serio a ciò che occorre normalmente
, * cosicché questa effettiva equivalenza teorica fra computer
può essere constatata anche al livello pratico. La tecnologia,
a quanto pare , ha trasformato discussioni del tutto accademiche
concernenti dispositivi di calcolo idealizzati in questioni
che incidono direttamente sulla vita di noi tutti !
A quanto riesco a capire , questa equivalenza fra dispositivi
fisici di calcolo è uno tra i fattori più importanti che sono alla
base della filosofia dell ' lA forte. L'hardware viene visto come
relativamente privo di importanza ( o forse anche del tutto
privo di importanza) , mentre unico ingrediente vitale viene
considerato il software , cioè il programma, o l ' algoritmo . Mi
pare però che ci sia anche qualche altro fattore importante ,
proveniente più dal campo della fisica. Cercherò di dare qualche
indicazione su quali sono questi fattori .
Che cos ' è che dà a una particolare persona la sua identità
individuale? Sono, in qualche misura, gli atomi stessi che compongono
il suo corpo? La sua identità dipende dalla particolare
scelta di elettroni, protoni e altre particelle che compongono
quegli atomi? Ci sono almeno due ragioni per cui non può
essere così . La prima è che nei materiali che compongono il
corpo di qualsiasi persona viva c ' è un ricambio continuo . Ciò
vale anche per le cellule nel cervello di una persona, nonostante
il fatto che dopo la nascita non si producano più nuove cellule
cerebrali . La grande maggioranza degli atomi in ogni cellula
viva (fra cui le cellule cerebrali) – e, di fatto , l'intero materiale
che costituisce il nostro corpo – è stata sostituita molte volte
dopo la nascita.
La seconda ragione deriva dalla fisica quantistica, e, per
una strana ironia, è a rigore in contraddizione con la prima!
S e c o n d o l a m e c c a n i c a quantistica ( c o m e vedre m o più
dettagliatamente nel capitolo 6, p. 359) , due elettroni presi a
piacere devono essere assolutamente identici, e lo stesso vale
* Vedi però la discussione della teoria della complessità e dei problemi NP
alla fine del capitolo 4.
4 9
per due protoni e per due particelle di un qualunque tipo
particolare . Ciò non significa semplicemente che non è possibile
distinguere due particelle dello stesso tipo una dall' altra:
l ' affermazione significa parecchio di più. Se un elettrone nel
cervello di una persona fosse scambiato con un elettrone di un
mattone, lo stato del sistema sarebbe esattamente 1 1 lo stesso stato
di prima, e non solo indistinguibile da esso ! Lo stesso vale per i
protoni e per qualsiasi altro tipo di particella, e per interi
atomi, molecole ecc. Se l ' intero contenuto materiale di una
persona fosse scambiato con particelle corrispondenti presenti
nei mattoni della sua casa, allora, in un senso forte, non
sarebbe accaduto assolutamente nulla. Ciò che distingue una
persona dalla sua casa è la configurazione secondo cui i suoi
componenti sono disposti, e non la loro individualità.
C ' è forse un analogo di questa situazione al livello quotidiano
che è indipendente dalla meccanica quantistica, ma che
mi è reso particolarmente manifesto , mentre sto scrivendo,
dalla tecnologia elettronica che è alla base del funzionamento
del mio word-processor. Se voglio cambiare una parola, per
esempio se voglio cambiare <> in << cosa>> , posso farlo sostituendo
semplicemente la prima <> con una <> , oppure
posso decidere di ribattere l ' intera parola. Se adotto la seconda
soluzione, la <> è la stessa di prima oppure l ' ho sostituita
con una <> identica? E la << S>> ? Anche se sostituisco semplicemente
la prima <> con una << O >> , anziché ribat??ere l'intera
parola, c ' è un istante fra la sparizione della <> e l ' apparizione
della <> in cui il vuoto fra la <> e la <> si chiude e c ' è
(almeno qualche volta) un ' ondata d i risistemazione delle lettere
della riga (e a volte di più righe ) , in conseguenza del ricalco lo
della posizione di ogni lettera successiva ( compresa la seconda
<> ) , cui segue un nuovo ricalcolo e spostamento di lettere
dopo l ' inserzione della <> . (Oh, la bella economicità del
calcolo senza mente in questi tempi moderni ! ) In ogni caso,
tutte le le ttere che vedo dinanzi a me sullo schermo sono
semplici vuoti nella traccia di un fascio elettronico che esplora
l ' intero schermo sessanta volte al seçondo. Se prendo una
lettera qualsiasi e la sostituisco con una lettera identica, dopo
la sostituzione la situazione è la stessa o è semplicemente
indistinguibile dalla situazione precedente? Tentare di adottare
il secondo punto di vista ( cioè <> )
come distinto dal primo ( cioè <> ) sembra stupido .
Quanto meno, sembra ragionevole chiamare la situazione la
stessa quando le lettere sono le stesse. E così è anche nel caso
50
della meccanica quantistica di particelle identiche. Sostituire
una particella con una identica significa non aver modificato
in nulla la situazione. Questa viene considerata in effetti la
stessa situazione di prima. (Tuttavia, come vedremo nel capitolo
6, la distinzione non è in realtà banale nel contesto della meccanica
quantistica . )
Le osservazioni precedenti circa i l continuo ricambio di
atomi nel corpo di una persona furono fatte nel contesto della
fisica classica, e non in quello della fisica quantistica. Le osservazioni
furono formulate come se l ' individualità di ogni atomo
fosse una nozione dotata di sen so. Di fatto, al livello di descrizione
della fisica classica, possiamo considerare gli atomi come
oggetti singoli, nel rispetto delle leggi fisi che e senza commettere
gravi errori. Purché gli atomi siano ragionevolmente ben
separati dai loro corrispondenti identici mentre si muovono, si
può sostenere senza contraddizione che conservino la loro
identità individuale poiché ogni atomo può essere seguito
continuamente , cosicché si potrebbe considerare la possibilità
di marcarli separatamente con etichette . Dal punto di vista
della meccanica quan tistica potrebbe essere solo una comodità
linguistica riferirsi all 'individualità degli atomi, ma al livello
che abbiamo appena considerato non c ' è alcuna contraddizione
ad assegnare a ciascuno di loro un ' individualità distinta.
Accettiamo la nozione che l ' individualità di una persona
non abbia niente a che fare con una qualsiasi presunta individualità
dei suoi componenti materiali. Essa deve avere invece a
che fare con la confìf.r:umzione, in un certo senso , di quei componenti:
diciamo la configurazione nello spazio o nello spaziotem
po. (Torneremo in seguito in modo più d ettagliato su
questi argomenti.) Ma i fautori dell 'lA fo rte non si fe rmano
qui. Se il con tenuto di informazione di tale configurazione
potesse essere tradotto in un ' altra fo rma dalla quale fo sse
po ssibile recuperare di nuovo la fo rma originaria, l'individu??lità
della persona dovrebbe secondo loro restare intatta. E
come nel caso delle sequenze di l ettere che ho appena battuto
sulla tastiera e che ora vediamo sullo schermo del mio wordprocessar.
Se le faccio uscire dallo schermo, esse rimangono
codificate sotto forma dì certi minuscoli spostamenti di cariche
elettriche , in una qualche configurazione che non assomiglia
geometricamente in modo chiaro alle lettere che ho appena
battuto. Eppure , posso farle tornare sullo schermo in qualsiasi
istante , ed eccole qui , esattamente come se non avesse avuto
luogo alcuna trasformazione . Se decido di registrare ciò che
51
ho appena scritto, posso trasferire l ' informazione delle sequenze
di lettere in configurazioni di magnetizzazione su un
dischetto che posso asportare , e poi, spegnendo il computer,
neutralizzo tutti i minuscoli spostamenti di carica ( pertinenti) .
Domani posso reintrodurre il dischetto, ristabilire i minuscoli
spostamenti di cariche e visualizzare di nuovo sullo schermo le
sequenze di lettere , come se nulla fosse accaduto. Per i fautori
dell ' lA forte , è << chiaro>> che l ' individualità di una persona può
essere trattata esattamente nello stesso modo. Come le sequenze
di lettere sul mio schermo, così sosterrebbero i fautori dell ' lA
forte, nulla si perderebbe dell ' individualità di una persona e
in effetti non le succederebbe nulla – se la sua forma fisica
dovesse essere tradotta in qualcosa di com pletamente diverso,
per esempio in campi di magnetizzazione in un blocco di
ferro. Essi sembrano sostenere addirittura che la consapevolezza
cosciente della persona persisterebbe mentre l' <>
della persona è in quest' altra forma. In questa concezione , la
<< consapevolezza di una persona>> dev'essere considerata alla
stregua di un elemento di software , e la sua particolare manifestazione
come essere umano materiale dev'essere considerata
l 'operazione di questo software per opera dell ' hardware del
suo cervello e del suo corpo.
Pare che la ragione di queste asserzioni vada vista nel fatto
che, qualsiasi forma materiale assuma l ' hardware – per esempio
un qualche dispositivo elettronico – si potrebbero sempre
rivolgere domande al software ( alla maniera di un test di
Turing) e, supponendo che l ' hardware si comportasse in modo
soddisfacente nell' elaborare le risposte a queste domande, le
risposte sarebbero identiche a quelle che la persona darebbe
nel suo stato normale . ( << Come si sente questa mattina? >> <> <> <> <> << Certo ! >> )
Un 'idea che viene spesso discussa i n questo contesto è la
macchina del teletrasporto della fantascienza. l2 Essa viene intesa
come un mezzo di << trasporto >> , per esempio da un pianeta a
un altro, ma si discute se lo sia veramente . Anziché essere
trasportato fisicamente nel modo <> da un ' astronave ,
il presunto viaggiatore viene analizzato da capo a piedi e la
macchina procede a registrare in modo minuzioso la posizione
accurata e la completa specificazione di ogni atomo e di ogni
52
elettrone del suo corpo. Tutta questa informazione viene poi
trasmessa ( alla velocità della luce ) , per mezzo di un segnale
elettromagnetico, alla sua destinazione su un pianeta lontano.
Qui l ' informazione viene captata e usata come un elenco di
istruzioni per comporre un esatto duplicato del viaggiatore ,
con tutti i suoi ricordi, le sue intenzioni, le sue speranze e i
suoi sentimenti più profondi. Questo , almeno , è ciò che ci si
attende; ogni particolare dello stato del suo cervello è stato
infatti fedelmente registrato, trasmesso e ricostruito . Supponendo
che il meccanismo abbia funzionato a dovere , l ' originale
del viaggiatore può essere distrutto << senza pericolo>> . La domanda
che ci si pone è, ovviamente : questo è realmente un
metodo per viaggiare da un luogo a un altro o è semplicemente
la costruzione di un duplicato, con uccisione dell 'originale?
Tu saresti pronto a usare questo metodo di <> , supponendo
che il metodo fosse risultato completamente affidabile ,
entro i suoi termini di riferimento? Se il teletrasporto non è un
modo di viaggiare , che differenza c ' è in linea di principio fra
usare questo metodo e camminare semplicemente da una
stanza all ' altra? In quest'ultimo caso non è che quelli che sono
i nostri atomi in un istante dato stiano semplicemente fornendo
le informazioni per le posizioni che gli atomi dovranno
assumere nell' istante successivo? Abbiamo visto, dopo tutto,
che non c ' è alcun significato nella conservazione dell ' identità
di un particolare atomo. Il problema dell' identità di un qualsiasi
atomo particolare non ha neppure un senso. Ogni configurazione
di atomi in movimento non costituisce semplicemente
una sorta di onda di informazione che si propaga da un luogo
a un altro? Dov'è la differenza essenziale fra la propagazione
di onde che descrive il nostro viaggiatore nell'atto di camminare
tranquillamente da una stanza all ' altra e quella che si verifica
nel dispositivo di teletrasporto?
Supponiamo che il teletrasporto <> davvero, nel
senso che la « consapevolezza>> del viaggiatore venga completamente
riattivata nella copia di se stesso sul pianeta lontano
( ammettendo che questo problema abbia un significato genuino
) . Che cosa accadrebbe se l' originale del viaggiatore non
fosse distrutto , come richiedono le regole di questo gioco? La
sua « consapevolezza>> si troverebbe contemporaneamente in
due luoghi? ( Cerca di immaginare che cosa risponderesti se ti
dicessero: << Oh, caro , il farmaco che ti abbiamo dato prima di
metterti nel teletrasporto ha smesso di fare effetto prima del
previsto? Peccato, ma non importa. Ti farà piacere , in ogni
5 “3
modo, sapere che l 'altro tu – ehm, voglio dire il vero tu – è
arrivato sano e salvo su Venere , cosicché noi possiamo, ehm,
eliminarti qui, ehm, voglio dire eliminare qui la tua copia
ridondante. Ovviamente sarà una cosa del tutto indolore>> . ) La
situazione ha in sé qualcosa di paradossale. Nelle leggi della
fisica c ' è qualcosa che potrebbe rendere il teletrasporto impossibile
in linea di principio? O forse non c ' è niente in linea di
principio contro la trasmissione di una persona, e della coscienza
di una persona, con tali mezzi, tranne il fatto che il
processo di <> comporterebbe inevitabilmente la distruzione
dell' originale? La conservazione di due copie vitali
potrebbe essere dunque ciò che è impossibile in linea di principio?
Io credo che, nonostante la natura stravagante di queste
considerazioni, se ne potrebbe forse derivare un qualche significato
sulla natura fisica della coscienza e dell' individualità.
Io credo che le considerazioni presentate forniscano un ' indicazion
e , la quale suggerisce un certo ruolo essenziale per la
meccanica quantistica nella comprensione dei fenomeni mentali.
Ma sto precorrendo i tempi. Dovremo tornare su questi argo
menti dopo avere esaminato la struttura della teoria quantistica
nel capitolo 6 (cfr. p. 346) .
Vediamo ora che cosa potrebbe comportare il punto di
vista dell' lA forte rispetto alla questione del tele trasporto. Supporremo
che da qualche parte nello spazio, fra due pianeti, ci
sia una stazione relè dove l ' informazione venga temporaneamente
accumulata prima di essere ritrasmessa alla sua destinazione
finale. Per comodità, quest' informazione non viene memorizzata
in forma umana, bensì in qualche dispositivo magnetico
o elettronico. In associazione con questo dispositivo
sarebbe presente la <> del viaggiatore? I fautori
dell' lA forte vorrebbero farci credere che debba essere così.
Dopo tutto, dicono , a ogni domanda che potessimo decidere
di fare al viaggiatore potrebbe rispondere in linea di principio
il dispositivo, essendo sufficiente allo scopo attivare <> una simulazione dell' attività appropriata del suo cervello.
Il dispositivo conterrebbe tutte le informazioni necessarie
; e il resto sarebbe solo un fatto di elaborazione. Poiché il
dispositivo risponderebbe alle domande esattamente come se
fosse il viaggiatore , allora ( secondo il test di Turing! ) sarebbe il
viaggiatore. Si torna così alla tesi dell' lA forte che in relazione
ai fenomeni mentali non ha importanza l'hardware reale.
Questa tesi mi se:t;nbra ingiustificata. Essa si fonda sull' assunto
che il cervello ( o la mente) sia, in effetti, un computer digitale.
54
Essa suppone che , quando si pensa, non si faccia ricorso a
nessun fenomeno fisico specifico che possa richiedere la particolare
struttura fisica (biologica, chimica) che i cervelli realmente
hanno.
Senza dubbio i fautori dell ' lA forte sosterrebbero che
l ' unico assunto che si fa realmente è che degli effetti di qualsiasi
fenomeno fisico a cui si debba far ricorso si possono sempre
elaborare modelli esatti per mezzo del computer digitale. Sono
abbastanza sicuro che la maggior parte dei fisici considererebbe
questo assunto del tutto naturale sulla base della nostra
comprensione fisica attuale . Io presen terò le ragioni per il mio
atteggiamento contrario in capitoli successivi ( dove dovrò anche
preparare la via a spiegare perché credo che ci sia qualche
assunto apprezzabile da fare in proposito ) . Per il momento
accettiamo quest' opinione ( condivisa dai più) che tutti gli
aspe tti fisici pertinenti possano sempre essere rappresentati fedelmente
in modelli elaborati da computer digitali. L ' unico
assunto reale ( prescindendo da questioni di tempo, e di spazio
di calcolo) è allora quello <> , che se qualcosa
opera per intero come un 'entità coscientemente consapevole ,
allora si deve anche sostenere che esso <> di essere una
tale entità.
La concezione dell ' lA forte ritiene che, trattandosi <>
di hardware, qualsiasi fisica a cui si faccia realmente riferimento
nel funzionamento del cervello possa essere necessariamente
simulata dall ' in troduzione di un software di conversione
appropriato . Se accettiamo il punto di vista operazionale, la
questione poggia sull' equivalenza delle macchine di Turing
universali e sul fatto che qualsiasi algoritmo può , di fatto ,
essere eseguito da una tale macchina, come pure sull' assunto
che il cervelto agisce secondo una qualche sorta di azione
algoritmica. E venuto per me il momento di dichiararmi più
esplicitamente su questi concetti interessanti e importanti.
2
ALGORITMI E MACCHINE DI TURING
Lo sfondo del concetto di algoritmo
Che cosa sono precisamente un algoritmo, o una macchina di
Turing, o una macchina di Turing universale? Perché mai questi
concetti dovrebbero essere così centrali per la concezione moderna
di ciò che potrebbe costituire una <>? Ci
sono limitazioni assolute ai risultati che potrebbero essere conseguiti
in linea di principio da un algoritmo? Per rispondere in
modo adeguato a queste domande, dobbiamo esaminare
dettagliatamente l'idea di un algoritmo e delle macchine di Turing.
Nelle varie discussioni che seguono, dovrò servirmi talvolta di
espressioni matematiche. Mi rendo conto che qualche lettore
potrebbe esserne scoraggiato, o addirittura intimidito. Se tu sei
uno di questi lettori, chiedo la tua indulgenza e ti raccomando di
seguire il consiglio che ho dato nella Nota per il lettore a p. I l . Le
argomentazioni presentate qui non richiedono una conoscenza
della matematica al di là del livello della scuola elementare, ma
per seguirle nei particolari occorre una seria riflessione. In effetti
la maggior parte delle descrizioni sono del tutto esplicite, ed è
possibile ottenerne una buona comprensione se si segue il ragionamento
nei particolari. Ma è possibile ricavarne molto anche se
ci si limita a una semplice scorsa per cogliere il senso generale
degli argomenti. Ma devo chiederti venia anche se sei un esperto.
Penso che anche nel tuo caso varrebbe la pena di leggere con
attenzione ciò che ho da dire, poiché potrebbe esserci qualcosa in
grado di suscitare il tuo interesse.
La parola << algoritmo» deriva dal nome del mate matico persiano
del IX secolo Abu Gia'h1r Muh;munad ibn M usa al-Khwamzrni,
autore , attorno all 'H25 d.C. di un influente testo matematico ,
intitolato Kitab al-Giafrr wa 'l-muqabalah. Dalla forma latina medievale
del suo nome , A lwwi srnus, de rivò (attrave rso la fo rma
algorilhmus, lòrsc per una contam inazione con la parola <> ) la parola moderna algoritmo. (V al la pena di notare anche
che dall'espressione araba al-giabr [trasporto] , che compare nel
titolo della sua opera più importante, deriva il vocabolo <> . )
Esempi d i algoritmi furono noti peraltro già molto tempo
prima del libro di al-Khwarazmi. Uno dei più familiari, risalenti al
tempo dell'antica Grecia (circa 300 a.C. ) , è il procedimento noto
oggi come algoritmo euclideo, usato per trovare il massimo comun
divisore di due numeri interi. Vediamo come funziona. Sarà utile
avere in mente una coppia specifica di numeri, per esempio 1 365
e 3654. Il massimo comun divisore è il massimo numero intero
che divide esattamente (senza resto) ognuno di questi due numeri.
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